Strage di Guadine

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 in queste terre colpite dalla guerra, da una dura occupazione tedesca, con condizioni di vita sempre più difficili, si sviluppò un’intensa resistenza, armata e civile, che è valsa alla Provincia di Massa-Carrara la medaglia d’oro al valor militare e al Comune di Massa la medaglia d’oro al merito civile. In memoria, il Comune e l’Unione Europea questi sentieri ricostruirono.

Il 24 agosto 1944 un grande rastrellamento da parte di soldati tedeschi, di SS e di militi italiani interessò le valli del Lucido, del Bardine e, in parte, dell’Aulella: ne fu investito tutto il territorio da Gragnola a Monzone e a Vinca, da Colla a Gallona, Vezzanello, Viano, e Tenerano, da Ceserano a Bardine, San Terenzo, Pulica, Posterla, Marciaso, Cecina, Castelpoggio, fino a Forno. Durante il rastrellamento i soldati bruciarono i paesi ed uccisero indiscriminatamente civili.

I partigiani della brigata garibaldina “Ugo Muccini” - intitolata ad un antifascista di Arcola morto volontario durante la guerra di Spagna nel settembre 1938 - da poco costituita, riuscirono invece a scampare: investiti da un imponente schieramento di forze armate tedesche e fasciste repubblicane, otto distaccamenti della brigata raggiunsero Campo Cecina ed il Monte Sagro, e di qui sette di loro si sganciarono verso le montagne massesi (Forno, Antona), dove furono accolti dai “Patrioti Apuani” stanziati ad Antona, comandati da Alfredo Gianardi “Vico”.

Ai margini della zona investita dal rastrellamento, il paese di Guadine fu presidiato dagli uomini della X Mas provenienti da La Spezia. Questi attraversarono l’abitato sparando indiscriminatamente per le strade, o contro le case: da undici a tredici persone, fra le quali cinque donne, furono uccise. Fra le vittime vi erano anche parenti o informatori dei partigiani. Il paese fu quindi dato alle fiamme.